domenica 20 marzo 2011

Anche il Corso di Psicologia dell'Educazione è un successo...

Riporto qui di seguito una lettera di un mio studente di quest'anno di Psicologia dell'Educazione, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Parma. Ancora una volta un successo di contenuti e metodi formativi!

Ciao Claudio,

ti scrivo con spontaneità e apertura perché le tue lezioni stanno disegnando un apprendimento anch’esso così rassomigliante, con non pochi stimoli di coinvolgimento informale per favorire un clima di esplorazione di sé e degli altri. Nonostante l’indagine positiva dei complessi fenomeni che investono la vita, da quella di tutti i giorni, alle lezioni universitarie, non sia impresa facile, ma a tale questione si scopre (o riscopre) la sfida alla ricerca della verità, come la evocavano gli antichi filosofi e peraltro non fuori luogo dalle moderne tecniche psicologiche impiegate nel XXI secolo nell’orbita eccitante del guardarsi dentro.
Ripeto, credo che creare un ambiente sereno ove mettersi in gioco senza timore all’università non è compito facile ma ti ringrazio per il tuo contributo. Peccato solo che di lezioni cosi ve ne sono poche e la rarità si sa com’è preziosa: immagino un’università senza barriere o muri altamente specializzati e dai monologhi auto compiaciuti, ove si possa veramente dialogare o Produrre Conoscenza, anziché depositare scatoloni ancora imballati da secoli senza nemmeno aprirli e avvedersi delle informazioni contenute, magari adattandole alla realtà salterina. Si tratta di questo quando parli di competenze trasversali?
Perché ne sono incuriosito e affascinato, non solo per trovare un ponte tra l’isola delle teorie e delle aule universitarie e la terra più vasta e incontaminata delle prassi e casi della vita, ma anche per poter crescere a livello personale come individuo e favorire ciò agli altri individui; di conseguenza alla propria evoluzione, la cura dell’altro come le occupazioni sociali e assistenziali si cimentano. Pertanto scoprire se stessi e il proprio potenziale energetico come punto di partenza per avvicinarsi all’altro e mai prescindendo dalla fiducia in sé, si rischierebbe un insicurezza con l’altro.
Vorrei condividere alcune considerazioni di natura psicologica, sui ruoli e le competenze oggetto della formazione e sue leve operative nel processo di insegnamento/apprendimento. Inoltre mi collego con un obiettivo concernente la mia esperienza sociale e relazionale di crescita che m’impegnerò a realizzare e si potrebbe riassumere con l’interesse per il teatro e la mia esplorazione in questo campo edificando uno stile d’educazione mirante lo sviluppo e l’autosviluppo delle coscienze e delle competenze comunicative.
Per cominciare dalle considerazioni psicologiche: la psicologia è ormai scienza sperimentale con tanto di cappello. Ebbene, l’ambivalente disciplina quante insicurezze sta generando mediante le sue storiche scoperte e influenze nell’animo umano? Cioè, senza entrare in specialismi e tecnicismi, da profano, vedo la complessità crescente della nostra società ad economia avanzate ed il parallelo intensificarsi di difficoltà e complessità mentali umane come impossibilitazioni da sbrigliare col rigore schematico di valutazioni cliniche, statistiche, numerologiche e solo logico-razionali. Si sa che l’uomo non è univocamente creatura razionale… Temo qualche volta del potere normalizzante delle asserzioni psicologiche e psichiatriche: paradossalmente, con l’intento di liberare l’umanità dai pregiudizi e dai tormenti dell’anima si rischia di espandere un nuovo potere omologatore e manipolatorio. Degli esami rimembranti potrebbero trovarsi nella psicologia di massa, riesami più comprensibili nel nostro piccolo spazio sperimentale ove ci fai provare i test generalizzati della personalità.
Per proseguire nel campo a noi più interessante della formazione, mi invita a riflettere (e operare) riguardo al significato dei ruoli. Oggi, ovunque è richiesta flessibilità: nelle aziende, nelle scuole, in nuove varie occupazioni, con le persone, ecc… ma in che misura la richiesta di numerosi ruoli, elastici, interscambiabili, calzati secondo il contesto, può mettere in crisi l’Io del soggetto? Come esempio da te citato in classe, preso da “Uno, Nessuno e Centomila” di Pirandello… ecco, questa cosa mi confonde ancora, perché mentre da una parte sono richieste prestazioni adattabili e dinamiche, dall’altra parte (interiore e intima) c’è la fragilità del dubbio, la frammentarietà angosciante e della confusione identificatoria, sebbene sempre in mutamento che si voglia o no…
Per arrivare al teatro: credo migliori un’autoconoscenza e dia gli strumenti urgentemente richiesti a soddisfare la varietà di domande e competenze psico-socio-emozionali desiderate.
Tuttavia sono ancora all’inizio del mio lavoro, ho intenzione di dedicarmici nella redazione della tesi in “Educazione e Teatro”. Prima però devo risolvere questa confusione circostanziale…
Cosa ne pensi tu in materia di ruoli odierni e su chi siamo?
Di seguito un estratto da “L’Arte dell’Attore e Art Theatre Counseling” di Mariagiovanna Rosati Hansen che oltre a stimolare idee, mette in risalto il nuovo orizzonte delle Arti Terapie per l’implementazione qualitativa della vita e della convivenza comune:

“Siamo entrati nel nuovo millennio: caos e complessità sono all’ordine del giorno e l’essere umano ha sempre più bisogno di verificare la propria capacità di flessibilità, di adattamento alle nuove situazioni. Una certa capacità di adeguamento creativo è quindi molto importante e questo significa anche conquistare la capacità di affrontare le nuove esigente che emergono continuamente trasformandoci, e perfino cambiandoci, almeno in parte, perfino gli eventi esterni.
Trasformazione e cambiamento di esperienza si possono operare attraverso un agire nuovo: un rischiare qualcosa di alternativo rispetto alla propria modalità ripetitiva in uno stile nevrotico dal quale si può uscire soltanto dopo essersi creati un modo nuovo di essere al mondo. Di fatto l’essere umano, nelle sua vita quotidiana, è in balia del ruolo che si è assegnato e che cambia ogni volta che cambia l’ambiente in cui agisce. Ciò richiede una continua capacità di adattamento costringendolo con tanta fatica e dopo molti errori ad inventarsi “come essere” a discapito della ricerca sul “chi essere”.
Può diventare molto bravo ad assumere ruoli diversi a seconda dell’ambiente con cui entra in relazione: la famiglia, il lavoro, gli amici, il partner,… […]”

Tu in classe hai invitato a pensare la differenza che sta tra pubblico e privato… in particolare, tra la cultura tecnocratica – paterna e quella permissivo-individualistica e tra cultura burocratica – normativa e quella familistico – materna… le ho viste come una sorta di mega-proiezione dei simboli più importanti della crescita infantile; mamma, papà, ideali e aspirazioni che vanno strutturandosi su larga scala nella formazione sociale e politica.
Tornando al testo della Hansen:

“... ma se non è altrettanto bravo nell’uscire per ritornare se stesso rischia di perdere di vista la sua vera essenza reale e, a meno che non cerchi di strutturarsi per ritrovare l’equilibrio, non è in grado di gestirsi la vita con gioia.”

Di qua concludo avendo trovato una fonte d’informazione per descriverti meglio quella “confusione di ruolo e paura di non farcela” presente nel cambiamento contemporaneo, oggetto sì ad innovazioni ma causa talvolta di imbrogli mentali che compromettono l’individualità, il proprio spazio-tempo, la propria sorgente di energia e amore in sé di “colui che torna in sé” e, prendendo un altro tuo brillante esempio: “lascia il ruolo della funzione allo sportello”, cosicché quella povera signora possa tornare a ridere di gioia con i suoi figli e con la sua unicità integralmente individuale.

venerdì 4 marzo 2011

"Purché ci sia il mare", di Paola Carpinello, ha esordito ieri sera


Il nuovo libro di Paola Carpinello, "Purché ci sia il mare", è stato presentato per la prima volta ieri sera alla "Libreria Therèse" di Corso Belgio 49bis/A a Torino. Nonostante la serata invernale e il "clima quasi natalizio", sono intervenute 20 persone partecipando ad un dibattito piacevole ed ironico. Le vicende narrate dal romanzo hanno accompagnato i presenti per quasi un'ora e mezza nell'originale collegamento tra la Torino delle Olimpiadi invernali, il quartiere torinese di Borgo Vittoria e l'isola greca di Astypalea, in un ideale percorso in cui il mare è il punto di arrivo e di riscatto per i personaggi del romanzo...e anche l'ulteriore ricompensa per coloro che si sono mossi da casa in una serata invernale!